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Whistleblowing: la tutela del dipendente nella lotta alla corruzione

4 Luglio 2024

Considerato il rilievo che ha assunto negli ultimi mesi, proviamo ad approfondire il tema del whistleblowing. Iniziamo subito col dire che si tratta di uno strumento nato nel mondo anglosassone per dare efficacia alla lotta alla corruzione attraverso la collaborazione del personale di aziende ed enti.

L’esperienza in questo settore ha evidenziato che, qualora un dipendente abbia cognizione di un reato nell’ambito del contesto lavorativo, l’emersione del fenomeno corruttivo viene favorita dalla possibilità di usufruire di una tutela da possibili ritorsioni, conseguenti alla segnalazione.  

Quindi su impulso europeo, il legislatore italiano ha dapprima previsto nel 2012 l’istituzione della possibilità di segnalare illeciti nel settore pubblico. Poi, nel 2023, ha esteso tale possibilità anche al settore privato e ha inciso in modo importante sugli ambiti di applicabilità della procedura.

L’applicabilità del whistleblowing

Per l’ammissibilità della procedura, è sempre necessario che chi segnala l’illecito ne sia venuto a conoscenza per ragioni lavorative. Oggi però sono molti di più i soggetti legittimati a segnalare e si è anche arricchito il catalogo di illeciti o violazioni di cui si possa effettuare la segnalazione.

Non solo. Proprio per perseguire la finalità di miglioramento continuo, cara al legislatore europeo, ora è consentito segnalare non solo reati ma anche illeciti o violazioni dei protocolli, delle procedure adottate o del codice etico adottato che ledano l’interesse aziendale o quello dell’ente. 

Infatti, la legislazione italiana sul whistleblowing tutela un insieme di interessi: non solo quelli del segnalante, ma anche quelli degli altri soggetti coinvolti nella procedura, tra cui l’azienda che ha interesse al mantenimento di un ambiente di lavoro sereno ed efficiente. 

Proprio per questo motivo, le segnalazioni non possono avere qualsiasi oggetto, ma devono rimanere entro i paletti fissati dalla disciplina e, per espressa previsione legislativa, non possono riguardare questioni meramente personali.

Quali attività possono applicare questo strumento?

L’adozione del whistleblowing è oggi obbligatoria per tutte le aziende con più di 50 dipendenti, nonché per quelle di minori dimensioni che abbiano adottato un MOCG (Modello Organizzativo di Controllo e Gestione ai sensi del D. Lgs. 231/01). 

Per quanto riguarda il settore pubblico l’obbligo scatta per tutti gli enti e le amministrazioni compresi i piccoli comuni, non solo quelli al di sopra dei 10.000 abitanti.

La procedura del whistleblowing

La procedura di segnalazione può essere gestita internamente con strumenti differenti: canale cartaceo, messaggistica vocale, linea telefonica dedicata, piattaforma informatica, colloquio personale, etc. Questo perché la Direttiva Europea ha lasciato libertà sulla specifica modalità di gestione, raccomandandosi però di strutturare qualsiasi soluzione con estrema attenzione al rispetto dei principi del GDPR ed effettuando un’accurata valutazione di impatto sul trattamento dei dati adottato.

Il gestore della procedura e i diversi canali utilizzabili

La procedura deve garantire l’assoluta riservatezza dei dati trattati e, per tale ragione, l’azienda o l’ente deve individuare i canali interni di segnalazione e i gestori. Si tratta di soggetti che non rivestono ruoli apicali o direttivi, che devono incaricati e formati per la gestione delle segnalazioni e devono essere in grado di valutare di volta in volta se le segnalazioni pervenute rientrino o meno nel perimetro del whistleblowing

In caso positivo, le segnalazioni verranno trasmesse per il decorso della procedura e l’adozione dei provvedimenti più opportuni da parte del soggetto deputato a decidere in merito. In caso negativo verranno archiviate. In entrambi i casi verrà data specifica informazione al segnalante.

Qualora l’azienda o l’ente non si sia dotata dei canali interni, oppure questi risultino inefficaci, il segnalante potrà rivolgersi al canale esterno, ovvero all’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione). Solo in via residuale, potrà utilizzare anche il canale pubblico, ma con l’accortezza che, nel caso non venga correttamente seguita la procedura e la gerarchia tra i canali di segnalazione, non saranno messe in atto le tutele previste.

Il facilitatore del whistleblowing

Oltre al segnalante e al gestore, può prendere parte alla procedura anche il facilitatore. Un amico, collega, familiare, consulente, una persona che può supportare il segnalante, qualora questi si senta in difficoltà e avverta la necessità di una spalla per poter meglio precisare i contorni della segnalazione effettuata. Anche il facilitatore, come ogni altro soggetto che prenda parte alla procedura, gode della tutela da possibili ritorsioni dirette o indirette.

Conclusioni

Il whistleblowing è stato introdotto per favorire l’emersione di tutte quelle situazioni che possono riverberarsi negativamente non solo sui lavoratori, ma anche sull’azienda o sull’ente e sulla collettività. Sarà interessante seguirne gli sviluppi per capire che impatto concreto avrà sul nostro tessuto produttivo e sui nostri enti pubblici.